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Antiche radici, la danza come rito

Aggiornamento: 6 nov 2020

Le radici della danza orientale sono molto antiche e le più remote testimonianze sembrano risalire al Paleolitico, dove sono rintracciabili danze rituali che celebrano la fertilità. Infatti, molti reperti storici mostrano una ricorrenza iconografica in cui sono rappresentate donne dal ventre generoso che rimandano a un modello primordiale di fecondità. Successivamente, nel Neolitico, con l’introduzione dell’agricoltura, si delinea un’idea di cosmo regolato dalla ciclicità della vita e dalla fecondità della terra, rappresentata dal femminino. La terra stessa diventa la Grande Madre da cui nasce la vita creando una connessione con il ventre della donna che simboleggia, celebra e propizia il rinnovo del ciclo vitale. In seguito, a partire dal V millennio a.C., si possono scorgere le tracce della Grande Madre neolitica nelle prime grandi civiltà, grazie alla persistenza di specifiche caratteristiche iconologiche e simboliche.


In Mesopotamia, per celebrare la Dea, chiamata Ištar, le sacerdotesse eseguono riti che coinvolgono la danza, la quale si connota di un carattere sacro. Le donne invocano la fertilità della terra e del grembo materno, attraverso le loro movenze che imitano le forme e i ritmi della natura, come le onde del mare, le fasi lunari o il serpente e altri movimenti che evocano esplicitamente il parto o l’atto riproduttivo. Molte delle religioni pre-cristiane e pre-islamiche utilizzano la danza come parte del rituale religioso. In Turchia e in Grecia si possono ancora visitare le rovine di templi e anfiteatri dove, durante l’epoca delle religioni matriarcali, delle sacerdotesse danzano in onore di figure simboliche, rappresentanti la Dea Madre e le sue declinazioni.


Nella medesima epoca, la danza si sviluppa anche nell’Egitto dei faraoni dove, se da principio la musica aveva una funzione connessa unicamente alle funzioni religiose, da questo momento canti e balli accompagnano anche le feste reali. Frequenti illustrazioni tombali riportano immagini di ballerini ed acrobati durante le loro esibizioni di danza come, ad esempio, la tomba di Tebe appartenuta a Kheruef, scriba reale sotto Amenhotep III, che contiene una pittura raffigurante una cerimonia con trenta danzatori impegnati in una complessa coreografia. Per quanto riguarda invece un esempio di danza sacra, di grande rilevanza è la “danza degli specchi”, un ballo eseguito da un gruppo di giovani donne, vestite con lunghi abiti bianchi, gioielli policromi e che portano in mano degli specchi dai manici decorati con immagini della dea Hathor, tra le maggiori personificazioni del principio femminile. Le danzatrici fedeli di Hathor sono consacrate e il rigido protocollo impedisce loro di partecipare ai banchetti, poiché la loro arte è dedicata esclusivamente al culto della dea.


Sitografia:

- Strova, Maria - Il Linguaggio Segreto della Danza del Ventre, Macro Edizioni, Diegaro di Cesena, 2005 - aton-ra.com/approfondimenti-antico-egitto/arte-egizia/243-musica-danza-faraoni-anrico-egitto.html

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